domenica 19 agosto 2012

Flying Over the Earth at Night.

From the Iss - International Space Station

Video Credit: Nasa

lunedì 6 agosto 2012

Curiosity ce l'ha fatta. Il Rover della Nasa è su Marte.


Martedì 06 Agosto 2012

Curiosity ce l’ha fatta

Si è svolto secondo i piani l’atterraggio della nuova missione robotica sul pianeta rosso.
Alle 7 e 31 di oggi, ora italiana, il modulo di discesa ha calato sul suolo marziano il rover della NASA.
Il videoeditoriale di Giovanni Bignami.

La manovra dello "Sy Crane"
in una rappresentazione artistica
(NASA/JPL-Caltech )
È arrivato e sta bene. Uscito indenne da quei famosi “sette minuti di terrore” di cui aveva parlato la NASA, il rover Curiosity è regolarmente approdato su Marte alle 7 e 31 ora italiana, ed è ora pronto a iniziare la sua esplorazione.

Tutto si è svolto secondo i piani, con la separazione del rover dal vettore alle 7 e 15 circa, l’entrata nell’atmosfera dieci minuti dopo, e poi la rapida discesa verso il punto prescelto, rallentata e guidata da un paracadute; infine, a pochi metri dal suolo, l’accensione dei razzi che hanno guidato l’avvicinamento alla superficie. Negli ultimi secondi il rover è stato letteralmente depositato sul suolo marziano con un sistema mai utilizzato prima, lo Sky Crane, in cui il rover è stato calato dolcemente dal modulo di discesa grazie a cavi di nylon, tagliati appena avvenuto il contatto con il terreno.

L'opinione di Giovanni Bignami - Presidente Inaf e Cospar



Link articolo: Media Inaf

sabato 28 luglio 2012

Il fratello minore della Terra - UCF-1.01

Rappresentazione artistica
del pianeta 'fratello' della Terra
UCF-1.01
(fonte: NASA/JPL-Caltech)
 
 

Gli studiosi della University of Central Florida (UCF), coordinati dall'americano Kevin Stevenson, grazie al telescopio spaziale Spitzer della Nasa hanno scoperto il "fratello minore" della Terra, il piu' piccolo pianeta mai scoperto all'esterno del Sistema Solare.

Il "nuovo" pianeta, chiamato UCF-1.01, presenta temperature incandescenti, fino a 600 gradi, praticamente privo di atmosfera e ruota rapidamente attorno alla sua stella, una nana rossa denominata GJ 436, in appena 1,4 giorni terrestri. Il diametro è di 8.400 km, due terzi rispetto a quello della Terra e si trova a 33 anni luce da noi.

Secondo uno degli autori della ricerca, Joseph Harrington, la vicinanza cosi forte alla stella potrebbe aver sciolto la superficie del pianeta extrasolare e ''UCF-1.01 potrebbe anche essere coperto in magma''.

Lorenzo Canciani

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Kepler 30: scoperto un sistema solare simile al nostro.

Kepler 30
E' stato scoperto un "sosia" del Sistema Solare, i cui pianeti ruotano intorno alla loro stella con una configurazione simile ai pianeti del nostro sistema planetario. È la prima volta che viene scoperto un sistema planetario di questo tipo e il risultato può aiutare a far luce sulle condizioni che determinano l'architettura di un sistema planetario.

Gli espopianeti osservati dall’equipe di Roberto Sanchis-Ojeda del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston sono tre, e girano attorno a una stella simile al Sole chiamata Kepler 30, in onore del telescopio con il quale è stata studiata, il Kepler della NASA. I pianeti sono stati chiamati Kepler-30b, Kepler-30c, Kepler-30d e sono tutti piu' grandi della Terra: hanno rispettivamente il raggio circa 4 volte, 13 volte e 10 volte il raggio del nostro pianeta.

Ma lo studio è innovativo soprattutto per quanto riguardo l’architettura dei sistemi solari: l’equatore del Sole e i piani orbitali dei pianeti sono quasi allineati e i ricercatori credono che probabilmente tutti i corpi si siano formati a partire da un unico disco di gas rotante.

In molti sistemi extrasolari, invece, i pianeti non hanno questa disposizione e presentano orbite più disordinate, non allineate con l'equatore stellare probabilmente a causa di caotiche interazioni dei pianeti durante la loro formazione o a causa di influenze dovute a stelle vicine.

Lorenzo Canciani.




lunedì 9 aprile 2012

Dna, onde e acqua. Di Luc Montagnier, premio Nobel per la medicina.

Luc Montagnier, medico e virologo francese di fama mondiale, premio Nobel per la medicina nel 2008, attribuito grazie alla scoperta del virus dell'Aids, ha pubblicato un articolo su una rivista scientifica intitolato "Dna, onde e acqua".

Introduzione di Roberto Giacobbo

"Una strabiliante idea si sta facendo largo nella Comunità Scientifica. Un'idea che sa di fantascienza ma che, invece, potrebbe portare dei grandi benefici nella vita di tutti i giorni e anche nella medicina.

Si tratta della possibilità di trasmettere il Dna.

Proprio come si può fare con la musica, attraverso le onde radio, ma c'è di più. Chi fosse in grado di ricevere questo Dna sarebbe anche nella condizione di poterlo duplicare. Insomma, qualcosa di realmente molto importante e di sorprendente. E pensate, l'elemento che potrebbe permetterci di fare tutto questo è, semplicemente, l'acqua."

Di seguito il video dell'indagine della trasmissione Voyager, condotta da Roberto Giacobbo, andata in onda lunedì 26 marzo 2012 su rai due.


Link video: www.youtube.com

Link correlato: Wikipedia - Luc Montagnier

domenica 1 aprile 2012

Alle superTerre piacciono le nane rosse.

Rappresentazione artistica di un
tramonto visto da Gliese 667 c
Uno studio su dati HARPS dell'ESO.

Questa classe di pianeti, poco più grandi della Terra, sembra essere comune intorno alle deboli stelle rosse. Inoltre, non raramente, nella cosiddetta fascia di abitabilità. L'ultimo scoperto, Gliese 667 C avrebbe le condizioni adatte per la presenza di acqua liquida sulla superficie.

Di Francesco Rea

La vita al di fuori del sistema solare? Probabilmente vicino ad una stella rossa. È quanto sembra venire fuori da uno studio condotto da un team internazionale di astronomi che ha usato i dati di sei anni di osservazioni compiute con lo spettrografo HARPS, il cacciatore di pianeti dell’ESO.

Secondo quanto riportato, infatti, il numero di super – Terre, pianeti che misurano da una a dieci volte le dimensioni della Terra, sarebbero comuni nelle fascie abitabili intorno a deboli stelle rosse. E considerato che le nane rosse rappresentano circa l’80% delle stelle della Via Lattea e alcune distano “appena” 30 anni luce dal nostro Sole, la caccia alla vita su questi pianeti diventa decisamente interessante.

“Le nostre nuove osservazioni con HARPS indicano che circa il 40% di tutte le nane rosse ha una super-Terra in orbita nella zona abitabile, dove l’acqua può esistere allo stato liquido sulla superficie del pianeta”, dice Xavier Bonfils (IPAG, Osservatorio di Scienza dell’Universo di Grenoble, Francia) che guida l’equipe. “Poiché le nane rosse sono così comuni – ce ne sono circa 160 milliardi solo nella Via Lattea – questo ci porta al sorprendente risultato che ci sono decine di miliardi di questi pianeti solo nella Via Lattea”.

L’equipe di HARPS ha analizzato un campione ben selezionato di 102 nane rosse nei cieli australi, osservate per un periodo di sei anni. Sono state identificate in totale nove super-Terre (pianeti con massa tra una e dieci volte quella della Terra) tra cui due nella zona abitabile, una in Gliese 581 e una in Gliese 667 C. Gli astronomi hanno potuto stimare la massa del pianeta e la dimensione dell’orbita, cioè quanto il pianeta sia lontano dalla stella.

“La zona abitabile, cioè la regione in cui la temperatura permette all’acqua di essere liquida sulla superficie del pianeta, è molto più vicina alla stella per una nana rossa che per il Sole.” spiega Stéphane Udry (Osservatorio di Ginevra e membro dell’equipe scientifica). “Ma le nane rosse sono soggette a eruzioni stellari e brillamenti che potrebbero inondare il pianeta di raggi X o ultravioletti e che renderebbero la presenza di vita molto meno probabile”.

Uno dei pianeti scoperti dalla survey HARPS di nane rosse è Gliese 667 Cc. Anche se questo è un pianeta pesante quattro volte la Terra, è il parente più prossimo al nostro pianeta finora trovato e quasi certamente, dicono dall’ESO, ha le condizioni adatte per l’esistenza di acqua allo stato liquido sulla superficie.

“Ora che sappiamo che ci sono molte super-Terre attorno a nane rosse vicine, dobbiamo identificarne sempre di più usando sia HARPS che futuri strumenti. Alcuni di questi pianeti dovrebbero passare di fronte alla loro stella madre durante l’orbita — questo apre l’entusiasmante possibilità di studiare l’atmosfera del pianeta e cercarvi segni di vita”, è la chiosa di Xavier Delfosse, altro membro dell’equipe.


Link correlati: Corriere della Sera

Link articolo: www.media.inaf.it

Pianeti con i capelli bianchi.

Rappresentazione artistica di
HIP 11952 e dei suoi due giganti gassosi.
Crediti: Timotheos Samartzidis
QUASI 26 MILIARDI DI ANNI IN DUE

Sono fra i più antichi conosciuti, e si trovano a 375 anni luce dalla Terra, in orbita attorno a HIP 11952: una stella antichissima, 12.8 miliardi di anni l’età stimata. Fra gli autori della scoperta, quattro astronomi italiani: tre sono donne, e tutti lavorano all’estero.

Di Marco Malaspina

Dopo il pianeta più piccolo, quello più caldo, quello più nero, quello più liquido, quello più veloce e quello più simile alla Terra, ecco arrivare il turno del pianeta più vecchio. Anzi, dei più vecchi, perché di mondi matusalemme ne sono stati scoperti ben due in un colpo solo. La Terra, con i suoi 4.5 miliardi di anni alle spalle, al confronto è una ragazzina. I due mondi orbitanti nel sistema planetario di HIP 11952, una stella nella costellazione della Balena, di anni ne hanno quasi il triplo: 12.8 miliardi a testa.

A individuarli, misurando lo stellar wobble – la variazione periodica della velocità radiale delle stelle dovuta a uno o più corpi che orbitano loro attorno – con lo spettrografo FEROS, un team di ricercatori guidato da Johny Setiawan, del Max-Planck-Institut für Astronomie. Del team fanno parte tre ricercatrici e un ricercatore italiani, tutti in attività all’estero: Veronica Roccatagliata (responsabile della survey, dello University Observatory di Monaco), Davide Fedele (della Johns Hopkins University, a Baltimore), Anna Pasquali ed Elisabetta Caffau (entrambe dell’università di Heidelberg, in Germania).

I due pianeti, che prendono il nome della stella madre con l’aggiunta delle lettere minuscole ‘b’ e ‘c’, sono entrambi giganti gassosi, con periodo orbitale di 290 giorni per uno e appena 7 giorni per l’altro. Nulla d’eccezionale, due mondi alieni come tanti. Se non fosse per la composizione stella che li ospita, talmente “light” da rendere la presenza di un sistema planetario attorno a essa un fatto del tutto inaspettato. «Il primo esempio di un sistema analogo, in orbita attorno a una stella poverissima di metalli, HIP 13044, l’avevamo individuato già nel 2010», ricorda Veronica Roccatagliata (vedi la news su Media INAF sul “Pianeta extrasolare extragalattico”). «All’epoca pensammo che si trattasse d’un caso più unico che raro. Ora, alla luce di questa nuova osservazione, pare invece che l’esistenza di pianeti attorno a stelle del genere sia più comune del previsto».

Quando dicono “a bassa metallicità”, gli astronomi intendono una stella fatta quasi interamente di idrogeno ed elio, i due elementi più “light” della tavola periodica. E un tipico indicatore di “leggerezza” è la bassa abbondanza di ferro: ebbene, HIP 11952 ha un’abbondanza di ferro pari ad appena l’uno per cento di quella del Sole. Ma c’è di più: oltre a essere straordinariamente povera di metalli, con la sua veneranda età è anche fra i sistemi planetari più antichi che si conoscano. «È come aver trovato un reperto archeologico nel giardino di casa», dice Johny Setiawan. «Questi pianeti, probabilmente, si sono formati quando la Via Lattea era ancora bambina».

L’individuazione di HIP 11952 b e di HIP 11952 c è avvenuta grazie a FEROS (Fibre-fed Extended Range Optical Spectrograph), uno spettrografo installato sul telescopio da 2.2 metri del Max Planck e dell’ESO che sorge all’osservatorio dello European Southern Observatory di La Silla, in Cile.

Per saperne di più:
Link articolo: www.media.inaf.it

domenica 25 marzo 2012

Anunnaki, il film troppo scomodo che non vedrete mai al cinema

Nel 2005 il regista Jon Gress ha iniziato a lavorare su una trilogia di film sugli antichi Anunnaki … ma dopo pochi mesi è successo qualcosa di strano. Il progetto è stato chiuso e il film non è mai uscito. Tutte le fotografie, i video e le informazioni sono stati banditi da Internet. L’account di posta elettronica di Jon Gress è stato anche chiuso. Quasi tutte le tracce della produzione del film sono già state rimosse dal web, compresa l’intervista con il regista del film, che è stato recentemente rimosso da Google. Il sito ufficiale del film è scomparso.

Ma perché? 

Il primo film digitale della trilogia “Anunnaki” ci stava per raccontare il tempo e il luogo dove l’umanità ha fatto il suo più grande salto antropologico, insomma un film sullo stile di AVATAR in 3D dove la storia diventa realtà.

Prima di sparire nel nulla il regista ha rilasciato questa intervista:
Questo è il primo lungometraggio in cui oggettivamente si può dimostrare come i Sumeri sono stati influenzati e diventarono improvvisamente civiltà più avanzata al mondo. Molte persone ancora non sanno che c’erano macchine volanti sulla Terra, molto prima che gli egiziani avevano raggiunto il loro boom tecnologico. La scrittura cuneiforme improvvisamente comparve in molte parti del mondo. La conoscenza avanzata delle stelle, l’agricoltura, il bestiame e anche la struttura sociale è stata introdotta al genere umano da civiltà avanzate extraterrestri. Questo film mostra come è stata scritta la storia e di come dovrebbe essere stato scritto tutto molto prima. La storia dietro la trilogia è vera, reale. L’evidenza è impressionante. Questo film indipendente è in procinto di cambiare il corso della storia del cinema … ”

Link articolo: www.meteoweb.eu

Pianeti Superman

Pianeta in fuga nello spazio interstellare.
Crediti: David A. Aguilar (CfA)
FIONDATI A VELOCITA' QUASI RELATIVISTICHE.

Li chiamano pianeti iperveloci, e vengono sparati da un buco nero a velocità superiori ai 10mila km al secondo. Per ora stanno solo in una simulazione, ma un team di astronomi del CfA sostiene che esistono davvero. E che saremmo pure in grado di vederli.

Di Marco Malaspina

Un autovelox galattico farebbe strage di punti. Poco meno di 50 milioni di chilometri all’ora: a tanto possono arrivare i pianeti iperveloci. Velocità che siamo soliti associare a infinitesimali particelle sparate lungo il tunnel d’un acceleratore. Qui, invece, altro che impalpabili neutrini: a sfrecciare sarebbero interi mondi, eventuali abitanti compresi. Mondi in fuga, scampati alle grinfie d’un buco nero e capaci di lasciarsi alle spalle persino la Via Lattea.

È la conclusione alla quale sono giunti Idan Ginsburg, Avi Loeb e Gary Wegner, astrofisici teorici del Dartmouth College e della Harvard University. Non solo: stando ai risultati delle loro simulazioni, già sottomessi per la pubblicazione a Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, con gli strumenti giusti e un pizzico di fortuna potremmo pure vederne qualcuno, di questi pianeti. Per rimanere gravitazionalmente appresso alla loro stella madre, infatti, devono girarle attorno in un’orbita strettissima. Aumentando così fino a una su due le probabilità di osservarne il transito.

«Che io sappia, a parte le particelle subatomiche, non c’è niente che riesca ad abbandonare la nostra galassia più in fretta di quanto facciano questi pianeti in fuga», dice il primo autore dello studio, Idan Ginsburg, del Dartmouth College. «Viverci sopra», aggiunge Avi Loeb dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, «è come farsi una cavalcata a briglie sciolte che parte dal centro della galassia per poi perdersi nell’universo».

Ma cos’è che li può scagliare attraverso il cosmo a velocità così pazzesche? Per capirlo, occorre fare un passo indietro, e tornare a circa sette anni fa, quando gli astronomi rimasero di stucco innanzi alla scoperta della prima stella iperveloce, in fuga dalla Via Lattea a quasi due milioni e mezzo di chilometri orari. Stelle del genere, si è poi compreso, sono le sopravvissute d’un sistema binario incappato in un buco nero. Se una delle due soltanto finisce risucchiata dal campo gravitazionale del mostro, l’altra, la più fortunata, strappata dall’abbraccio con la compagna, viene letteralmente fiondata via.

Ora, supponiamo che entrambe abbiano un pianeta o due che orbitavano loro attorno. Che fine farebbero? È esattamente questa la circostanza simulata dai tre astrofisici. Ciò che è emerso è che la stella sopravvissuta potrebbe riuscire a dare uno strappo anche ai suoi pianeti, portandoseli appresso nella sua fuga verso la salvezza. Ma anche il pianeta agganciato all’altra stella, quella condannata a finire nel buco nero, potrebbe riuscire a divincolarsi dall’abbraccio mortale. Se ciò accadesse, la velocità alla quale verrebbe sparato nel buio gelido dello spazio interstellare sarebbe semplicemente folle. Tipicamente, dai 10 ai 16 milioni di chilometri all’ora, dice la simulazione. E in condizioni particolarmente “favorevoli” anche a velocità superiori: fino, appunto, ai 50 milioni di chilometri all’ora che dicevamo. Roba che a stargli dietro verrebbe il fiatone pure all’Enterprise di Star Trek.

Per saperne di più:
Link articolo: www.media.inaf.it

martedì 20 marzo 2012

Terremoto a Guerrero, Mexico, a pochi km da Acapulco. Magnitudo 7.6.

www.emsc-csem.org
E' stata registrata un'ora fa, alle 19.02, a Guerrero, in Mexico, vicino ad Acapulco una forte scossa di terremoto.

Il sisma, di magnitudo 7.6, è stato localizzato alle seguenti coordinate 16.68°N - 98.24°W ad una profondità di 20 km.

La scossa, della durata di circa 5 minuti, è stata avvertita anche nella capitale, Citta del Messico, distante alcune centinaia di kilometri.

La telefonia mobile non funziona ed il servizio di corrente elettrica e’ stato interrotto.

Il terremoto, rileva la simologa Rita Di Giovambattista, è avvenuto a circa 17 chilometri di profondita’ sulla terraferma, non lontano dalla costa. E’ stato quindi poco profondo ed e’ percio’ probabile che sia stato avvertito in un’area molto estesa. Non c’e’ al momento un allarme tsunami, ma la rete di segnalazione indica che potrebbero esserci soltanto effetti a livello locale”.

Link evento: www.emsc-csem.org
                   Usgs-Neic Denver Usa